Lo scorso venerdì 19 marzo, nell’ambito del Master “Lo Stato Digitale”, si è tenuto un incontro a cui hanno preso parte la Prof.ssa Sveva Del Gatto, che ha introdotto e moderato, la Prof.ssa Elisa Giomi, il prof. Lorenzo Casini ed il prof. Oreste Pollicino (QUI la locandina dell’incontro).
La discussione dei panelists, dopo l’intervento introduttivo della Prof.ssa Del Gatto che ha contestualizzato le tematiche di interesse, si è focalizzata sul tema “democrazia, libertà d’espressione e libertà di informazione” ed ha preso avvio con l’intervento della Prof.ssa Elisa Giomi, commissaria dell’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (“AGCOM”), che ha affrontato il tema del pluralismo informativo.
Nello specifico, è stato sottolineato come quest’ultimo possa essere considerato, a certe condizioni, un “antidoto” alla disinformazione nell’era digitale.
Il pluralismo informativo è da intendersi come la necessaria presenza di voci diverse nei prodotti e nei servizi di informazione. Questa precisa visione è stata oggetto di conferma da parte della Corte Costituzionale, che nel 1993 definiva il “diritto all’informazione” come caratterizzato, tra le altre cose, “dal pluralismo delle fonti cui attingere conoscenze e notizie (…) in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti”.
Fino al dicembre 2021, la tutela del pluralismo veniva affidata al TUSMAR (Testo Unico dei Servizi dei Media Audiovisivi e Radiofonici), sostituito dal TUSMA (Testo Unico dei Servizi dei Media Audiovisivi), che oggi affida la tutela del pluralismo alle previsioni dell’articolo 51, il quale vieta la formazione di posizioni lesive del pluralismo nel mercato e nei servizi di informazione.
Da ultimo, è importante ricordare che nell’ambito del cd. fenomeno della “infomation pollution”, la Commissione europea nel 2020 ha presentato l’EDAP (European Democracy Action Plan), il quale si propone di distinguere 4 fattispecie di disordine informativo (cattiva informazione, disinformazione, operazione di influenza delle informazioni ed ingerenze straniere nello spazio informativo), al fine di promuovere elezioni libere e regolari, rafforzare la libertà dei media e combattere la disinformazione.
A seguire, il prof. Lorenzo Casini, si è invece preoccupato di sottolineare come il tema del pluralismo informativo sia una realtà esistente fin dalle origini del pubblico potere, si pensi ad esempio alla nascita della propaganda e della disinformazione a cavallo tra le due guerre mondiali.
Il fenomeno del disordine informativo esiste dunque da sempre e l’avvento di internet e delle piattaforme online non ha fatto altro che espanderne i suoi effetti, ad oggi riguardanti tutti i mezzi di informazione online e offline.
Con il suo intervento, il Prof. Casini ha analizzato le criticità che la disinformazione può generare con riferimento allo Stato democratico. Bisogna infatti assicurare che la democrazia non sia minata dal fatto che non esiste più una verità assoluta e si deve iniziare a pensare all’utente che condivide come un soggetto dotato di una consapevolezza critica.
Nello specifico, è necessario un intervento regolatore delle piattaforme digitali al fine di garantire la protezione della libertà di espressione e di informazione, migliorandone la qualità, anche al fine di prevenire gli ingenti costi richiesti per la difesa atta a contrastare il fenomeno del pluralismo informativo.
Per concludere, il prof. Oreste Pollicino, dopo aver affrontato il tema del libero mercato delle idee, ha analizzato come queste oggi debbano essere usate in maniera attenta e diligente poiché possono rappresentare fonti di effetti distorsivi e dannosi per la libertà di espressione e di informazione.
A tal riguardo, nel 2018 la Commissione europea ha presentato un codice di buone pratiche per contrastare la disinformazione e migliorare le politiche online dei firmatari, sebbene con scarso successo, tanto che lo stesso ha poi lasciato spazio all’adozione, nel 2021, di Linee Guida concernenti gli orientamenti da seguire per la scrittura del nuovo codice sulla disinformazione.
Ad oggi, sono circa 50 i firmatari del nuovo codice, il cui intento è quello di creare un quadro di co-regolamentazione basato su codici di condotta per affrontare i rischi sistemici connessi alla disinformazione. Si introducono misure di trasparenza di ampia portata relative alla moderazione dei contenuti e della pubblicità, obblighi giuridici per le piattaforme online di dimensioni molto grandi di valutare ed affrontare i rischi per i diritti fondamentali.
Si richiede alle piattaforme e agli utenti una responsabilizzazione: le une attraverso l’impegno a sottrarre fondi alla disinformazione, gli altri attraverso il riconoscimento ed il conseguente contrasto della stessa.
Da tali considerazioni si evince la necessità di agire attraverso un quadro regolatorio che sia in grado di limitare il problema alla base, abbandonando l’idea di un diritto all’informazione veritiero, ed abbracciando invece quella di un diritto all’informazione che sia quanto meno verificabile. Ed il problema futuro sarà quello di provare ad esportare questo modello di regolamentazione.
(di Francesca Rocchi)